Perdite su crediti commerciali: la deducibilità e la relazione di mancato recupero del credito
L’importanza della relazione di chiusura fornita dalle società di recupero crediti come prova della certezza dell’insoluto in ottica di messa a perdita a bilancio e relativa deducibilità in sede fiscale
Una delle problematiche principali delle imprese italiane è sicuramente la gestione dei crediti insoluti, soprattutto nei periodi di congiuntura economica che portano a crisi sistemiche, che negli anni hanno creato un qualcosa come 220 mld di crediti deteriorati (I sem. 2018 - Fonte PWC) nel mercato italiano. Se è vero che questi numeri si riferiscono principalmente agli Istituti bancari è vero anche che ciò si rispecchia parallelamente su tutto il tessuto imprenditoriale italiano ed i crediti di fornitura, carburante principale per le aziende, aumentano di conseguenza il loro rischio di insolvenza.
Il recupero crediti commerciali, svolto in maniera strutturata ed in collaborazione con partner terzi, prevede una serie di attività che vanno dal recupero stragiudiziale, comprensivo di tutte le fasi di sollecito (epistolare, telefonico, domiciliare) e con l’obiettivo di raggiungere un accordo bonario, al recupero giudiziale attraverso il pignoramento di beni in possesso del debitore, fino alla cessione dei crediti inesigibili, solitamente con la modalità della cessione pro-soluto. Attraverso questa serie di attività, svolte principalmente da società specializzate nel recupero crediti, una percentuale variabile viene recuperata e torna all’interno delle casse aziendali in forma di liquidità. E’ fisiologico però che una minima percentuale non raggiunga un buon esito e quindi risulti, alla fine del processo di recupero, ancora insoluta. In questi casi la perdita del credito resta l’ovvia conclusione dell’iter.
La deducibilità dei crediti ritenuti inesigibili non è però così scontata e sottostà a delle specifiche disposizioni, definite dall’art. 101 c. 5 Tuir, che definiscono quando un credito può effettivamente essere cancellato dal bilancio attraverso la messa a perdita. Dal punto di vista del valore delle posizioni vige infatti il limite di € 2.500,00 iva compresa che sale a € 5.000,00 iva compresa per le imprese superiori a 100 milioni di euro in termini di fatturato. Altra categoria di crediti deducibili è quelli delle posizioni vantate verso debitori sottoposti ad una procedura concorsuale o assimilata, o dei crediti cosiddetti prescritti. In generale vale il principio che la non recuperabilità del credito debba essere provata da elementi certi e precisi.
Le tipologie di prova presentabili da parte dell’impresa in fase di chiusura del bilancio possono essere di tipo legale, come la presenza di un decreto che attesti lo stato di fuga o latitanza del soggetto debitore, fino all’effettiva irreperibilità di quest’ultimo. Dal punto di vista dell’effettiva incapacità da parte del debitore di ripagare il proprio credito rientrano i documenti attestanti l’esito negativo di un’esecuzione giudiziale, come il pignoramento di un bene immobile o mobile. Con la Circolare n. 26/E del 1 agosto 2013, che ha apportato sostanziali modifiche al regime fiscale delle sopravvenienze attive e delle perdite su crediti, introdotte dal D.L. n. 83/2012, viene poi definito valido ed efficace il documento redatto dalle società di recupero crediti stragiudiziale degli avvenuti tentativi di recupero con esito negativo.
La collaborazione con Società di Recupero crediti permette quindi di attivare le fasi di sollecito in via stragiudiziale concludendo l’attività prima della fase legale se viene definita l’inutilità di un secondo passaggio al recupero giudiziale con l’iter che ne consegue. L’attività di recupero stragiudiziale svolta attraverso solleciti epistolari, telefonici ed eventualmente tramite l’esazione domiciliare è infatti sicuramente performante su una percentuale variabile di crediti. La parte restante può in un primo caso proseguire con il recupero giudiziale per le posizioni più importanti e per le quali è stata provata, attraverso indagini e informazioni raccolte nella prima fase, l’aggredibilità patrimoniale.
Nel secondo caso si arriva alla chiusura della pratica per i casi ritenuti inesigibili, sia per irreperibilità del soggetto che per sua incapacità comprovata a saldare il debito. L’attestazione di chiusura della pratica redatta dalla società di recupero diventa quindi a tutti gli effetti un documento utile ai fini della deducibilità per perdita su crediti. Altro strumento utile in questa fase di pulizia del bilancio è infine la cessione pro-soluto dei crediti inesigibili, anch’essa possibile attraverso la collaborazione con società di recupero crediti operanti in tutta la filiera.
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