Rischio di credito e tassi: obiettivo liquidità per le imprese
Con l’aumento del rischio di credito per le imprese e il più difficile accesso al credito, diventa fondamentale individuare nuove fonti di liquidità
Il 2023 è iniziato all’insegna di alcuni fattori cruciali in ambito economico che ne stanno delineando le previsioni per il prossimo periodo: inflazione, caro energia, aumento dei costi delle materie prime. L’insieme di questi fenomeni impatta sulle imprese su due aspetti strettamente correlati come il rischio di credito, inteso come tasso di deterioramento, e il minor accesso al credito.
Rischio di credito nuovamente in aumento dopo 10 anni
Il primo dato emblematico del periodo economico attuale è il cosiddetto rischio di default delle imprese. Questo indice rappresenta la percentuale di crediti concessi alle imprese che a inizio anno era in bonis (sani e pagati regolarmente) e che durante l’anno sono diventati non performing o inadempienze probabili. Dopo un calo costante, partito nel 2012 (7,5%), che ha visto il suo picco più basso nel 2021 (2%), è proprio il 2022 a registrare il primo aumento con un rischio di default del 2,3%. Ciò che preoccupa maggiormente è però la previsione per il 2023 che si attesta al 3,8% per poi calare al 3,4% nel 2024.
Microimprese più a rischio, soprattutto al Sud e Isole
Il rischio di credito è cresciuto a livello generale e omogeneo, con le microimprese che però registrano il rischio maggiore a livello assoluto e una previsione del 3,6% (2024). Per le grandi imprese si prevedono valori più bassi (2,7%) ma con una crescita percentuale più alta (+1,3%) rispetto al 2019. Ampia anche la forbice tra Sud e Isole, che nel 2024 registreranno un tasso di deterioramento del 4,1%, e il Nord che invece prevede un indice compreso tra il 2,8% (Nord-est) e il 3,1% (Nord-ovest). A livello settoriale, unico settore a far registrare una previsione 2024 migliore rispetto ai dati del 2019 è quello delle Costruzioni (Fonte ABI-Cerved).
Accesso al credito più difficile e più costoso per le imprese
Con l’aumento del rischio di credito, il caro di energia e materie prime e la spinta inflazionistica non poteva che diventare più complicato per le imprese accedere ai finanziamenti bancari. A confermare questo trend è proprio la Banca d’Italia che indica come l’ultimo semestre del 2022 abbia portato a un aumento dei tassi di interesse e a una maggior rigidità in fase di valutazione. A soffrirne di più le aziende del comparto manifatturiero ad alto consumo energetico e di quello immobiliare. Le previsioni del 2023 confermano un irrigidimento dell’offerta di credito, soprattutto nel settore commerciale. Parallelamente la domanda di credito per le imprese è rimasta invariata, se non in aumento per la ricerca di liquidità.
Gestire i crediti commerciali di fornitura per trovare la liquidità
Sulla base di queste previsioni economiche è chiaro come le imprese debbano trovare alternative al credito bancario per ottenere liquidità e finanziare la propria operatività. Quando l’accesso al credito diventa più complesso, l’arma più strategica in mano alle imprese è migliorare la gestione dei propri crediti di fornitura. In Italia il credito commerciale è la principale fonte di finanziamento delle imprese e, per chi il credito lo concede, la sua corretta gestione può determinare le sorti stesse dell’azienda. Attuare una credit policy strutturata, partendo da una valutazione preventiva, passando per il monitoraggio e un’azione tempestiva sui crediti più a rischio, può generare quella liquidità che spesso si cerca presso il mondo finanziario.
In One ti affianchiamo per mettere in pratica la tua credit policy con strumenti e competenze complementari alle tue risorse interne.
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